UNITRE-UMAC IL CIELO COME LABORATORIO 2024 1° INCONTRO

SELENOGRAFIA

    Nel 1639 dopo aver seguito l’eclisse di Sole del 1° giugno, Hevelius decise di dedicarsi allo studio della Luna per realizzare una mappa selenografica.  Hevelius allargò il piano originale e, invece di limitarsi a eseguire una mappa della Luna piena, disegnò tutte le sue fasi. Alla fine, il lavoro che immaginava di concludere in pochi mesi gli costò cinque anni di laboriosa e paziente veglia.  Hevelius, rapito completamente dalla sua Selenographia, di notte osservava e realizzava i disegni della superficie lunare e la mattina seguente li incideva su rame. Le lastre così ottenute produssero un risultato eccellente che l’incisione ad acquaforte, più rapida, non avrebbe potuto garantire. Nel 1647, finalmente, egli poté stampare a proprie spese questa importante opera intitolata: Iohannis Hevelii, Selenographia: sive Lunæ Descriptio. Egli aveva riscontrato una certa somiglianza delle macchie chiare e scure lunari con la topografia del Mediterraneo orientale fino al Mar Nero e decise, quindi, di proiettare la geografia terrestre sulla Luna, assegnando alle caratteristiche lunari il nome delle regioni terrestri più somiglianti per forma o posizione. Una mancanza che balza agli occhi è l’esclusione che il luterano Hevelius fece di Roma, epicentro del cattolicesimo, pur essendoci la Sicilia, gli Appennini e il mare Adriatico.

La nomenclatura di Hevelius si diffuse rapidamente nel mondo luterano e protestante,

  Almagestum novum dell’astronomo gesuita estense G Riccioli.

L’opera aveva lo scopo “di aiutare i suoi confratelli a procurarsi il materiale che essi non potevano facilmente trovare per farsi un’idea propria in merito al copernicanesimo e ai problemi cosmologici del suo tempo“. L’Almagestum rappresentava infatti una sorta di enciclopedia, che Riccioli chiamava “biblioteca”, in grado di presentare per ogni questione astronomica le posizioni e le soluzioni proposte da tutti gli astronomi antichi e contemporanei. L’opera contiene anche due mappe lunari, realizzate dal confratello e discepolo Francesco Maria Grimaldi, una muta e una seconda che, illustrando anche il fenomeno della librazione, adotta il criterio di nomenclatura proposto da Riccioli. Per le loro osservazioni Grimaldi e Riccioli utilizzarono cannocchiali di Galileo, Evangelista Torricelli (1608-1647), Fontana e Carlo Antonio Manzini (1599-1677)

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.A differenza dall’astronomo polacco, Riccioli non seguì la toponomastica terrestre ma propose una nomenclatura che rendeva omaggio a sapienti antichi e moderni legati al mondo astronomico. Riccioli divise il disco lunare in otto settori e, seguendo il senso orario a partire dalla linea del “Nodus orientalis”, posizionò nel primo e nel secondo ottante gli astronomi-filosofi dell’antica Grecia, come Aristarco, Eratostene e Archimede; nel terzo e nel quarto gli studiosi di cultura latina, tra cui Seneca, Manilio e Plinio, e così via fino a collocare gli scienziati a lui contemporanei nel settimo e nell’ottavo spicchio. Il criterio di Riccioli s’impose gradualmente, sia perché era facile da estendere alle nuove strutture che successivamente si sarebbero potute identificare sulla superficie lunare, sia forse per una certa dose di autocompiacimento negli astronomi che intravedevano la possibilità di scolpire, a imperitura memoria, il proprio nome sulle mappe della Luna.       

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