Luna laborat

Mitologia Luna

Tutti i popoli della storia hanno avuto miti che avevano al centro dei loro racconti la luna; l’astro della notte era spesso legato al sole, come presso i Greci e i Romani nei cui miti i due oggetti celesti erano fratelli (Apollo e Diana), oppure legati da “vincolo matrimoniale” come credevano gli Incas, i Maya e i Vichinghi. Nonostante la posizione di assoluta preminenza del Sole come oggetto che più di ogni altro attirò la curiosità dei popoli antichi divenendo uno dei protagonisti assoluti dei bagagli mitologici di suddetti popoli, i racconti mitologici legati alla luna sembrano essere, e questa è una teoria accolta dalla maggior parte degli studiosi, come antecedenti a quelli solari. Così come presso i Romani, prima che venisse adottato uno solare, fu istituito originariamente un calendario lunare. Caratteristica comune a molti popoli dell’antichità fu quella di legare alla luna un’idea di immortalità, idea nata dall’attenta osservazioni delle fasi lunari e quindi dalla rinascita che la luna ogni mese portava a termine vincendo sulla morte e sul buio che la attanagliava. Per lo più la luna era immaginata come una dea anche se presso i Frigi era venerato Men un dio lunare. Gli Assiri e i Babilonesi invece adoravano un certo Sin, dio androgino i cui epiteti erano “il padre che genera” e “la madre che crea”; forse dal nome di questa divinità si chiamò successivamente la penisola del Sinai. Presso i Greci e i Romani la luna era venerata come una divinità femminile, Artemide per i Greci e Diana presso i Romani che le dedicarono un vasto bosco nei pressi di Nemi; il suo culto fu particolarmente seguito dall’imperatore Caligola. Presso gli Egizi la luna era legata al culto di Iside e ciò non dovrebbe sorprenderci visto che, come ho ricordato prima, la luna veniva associata alla rinascita, proprio come la divinità in questione. La luna come dea viene “creata” da Esiodo che nella Teogonia parla di Selene, figlia dei Titani e sorella di Helios, posta poi sotto l’egida di Artemide, presso i Romani invece il suo culto fu introdotto, secondo la leggenda, da Tito Tazio il mitico re sabino. Sia presso i Greci che presso i Romani i racconti mitologici riguardanti la luna sono quasi inesistenti tranne che per uno in cui si racconta che Selene si innamorò perdutamente di un contadino di nome Endimione. Si capisce dunque che i rapporti tra la luna e gli uomini erano impostati sul fatto che il nostro satellite venisse visto come una divinità buona, celestiale e non malevola; tranne quando essa appariva agli uomini rossa, cioè quando avveniva un’eclissi di luna. Era considerato un cattivo presagio, il segnale della collera degli dei verso gli uomini. 

I Greci e i Romani pensavano che la luna fosse ricoperta da sangue e che questo fosse il segnale che una sciagura imminente stava per abbattersi sull’umanità. Presso i Babilonesi, grandi astronomi, le eclissi di luna veniva studiate attentamente anche se non arrivarono a spiegarne le cause. Meglio dei Babilonesi fecero i Caldei che riuscirono a calcolarne i tempi con una certa precisione. Coloro i quali meglio di chiunque altro popolo riuscirono a spiegare i motivi per cui avveniva un’eclissi lunare furono i Greci, più in particolare colui il quale riuscì a spiegare e dimostrare le cause dello strano colorito che la luna talvolta assumeva fu Talete, anche se, molto probabilmente il vero scopritore fu Anassagora nel V secolo a.C. In Cina l’imperatore Hoang-Ti istituì un “tribunale matematico” che doveva studiare a fondo il fenomeno e le sue cause. A Roma, le eclissi lunari vennero studiate molto attentamente dall’astronomo Sulpicio Gallo nel II secolo a.C., anche se da tempi immemori le eclissi venivano registrate dai pontefici, le massime cariche religiose della città, sulle Tabulae che venivano redatte ogni anno e che recavano tutti i fatti, politici, sociali e naturali che erano accaduti in un dato anno. Nonostante queste approfondite conoscenze, nella cultura popolare le eclissi di luna rappresentavano sventure imminenti. 

Omero diceva che la luna “moriva” mentre poeti Archiloco, Stesicoro, Pindaro, Aristofane e Apollonio Rodio affermavano che la luna veniva rapita, tolta dal cielo a causa dei sortilegi perpetrati dalle donne della Tessaglia, una remota regione della Grecia, che si credeva abitata da maghe malefiche, che con i loro sortilegi facevano scendere la luna negli inferi preparando così sventure per tutti gli uomini. La tradizione arrivò anche presso i Romani, così viene ricordata da Virgilio nelle Bucoliche, Orazio, Tibullo, Seneca nella “Medea”, Plinio, Silio Italico. Le fonti suddette ci raccontano pure che gli uomini per far riapparire la luna e per riappacificarsi con gli dei usavano produrre violenti rumori usando oggetti di bronzo, così come durante le eclissi si sole; ciò in modo da allontanare gli spiriti degli inferi e far tornare la luna al suo posto nel cielo. Questo particolare dei rumori si ritrova in molte culture, anche di popoli distanti geograficamente. Ancora nel primo medioevo gli stessi cristiani non si erano liberati della superstizione. Luna laborat, cioè “la luna soffre” era il motto usato dai Romani quando assistevano ad un’eclissi.

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