Breve storia dell’astronomia: seconda parte

Galileo Galilei

2. Da I.Newton fino alla fine del secolo decimo nono (1687-1900)
La pubblicazione dei Principia di Isacco Newton, nel 1687, portò ad una vera comprensione di come si muovevano i pianeti. E’ giusto dire che Keplero trovò “come” i pianeti su muovono, Newton scoprì “perché”. Newton costruì anche un telescopio di tipo assolutamente nuovo. Lo strumento di Galileo era un rifrattore, e si serviva di un obiettivo per raccogliere la sua luce. Newton arrivò alla conclusione che i rifrattori non sarebbero stati mai del tutto soddisfacenti, e si diede da fare per ovviare a questa difficoltà. Finalmente decise di eliminare del tutto l’obiettivo, e di raccogliere la luce per mezzo di uno specchio di forma adatta. Quando Newton eliminò il rifrattore perché non soddisfacente, commise uno dei suoi rari errori. Tuttavia, il “riflettore” newtoniano divenne presto popolare, e tale è rimasto. Gli specchi si costruiscono più facilmente delle lenti, ed anche oggi tutti i maggiori strumenti sono del tipo riflettente. L’astronomia si evolveva. Fintantoché le osservazioni dovevano venire compiute solo ad occhio nudo, si poteva imparare poco sulla natura dei pianeti e delle stelle; i loro movimenti potevano venire studiati, ma tutto finiva li. Non appena si resero disponibili i telescopi, degli osservatori veri e propri fecero la loro comparsa. Copenhagen e Leida aprirono la serie; l’osservatorio di Parigi venne completato nel 1671, e quello di Greenwich nel 1675. Greenwich venne fondata per una ragione particolare. L’Inghilterra è sempre stata una nazione marinara e prima della scoperta di orologi di cui si potesse fidare il solo modo per i marinai di stabilire la loro posizione in mezzo all’oceano, allorché non v’era terra in vista, era di osservare la posizione della luna in mezzo alle stelle. Questo implicava l’uso di un buon catalogo di stelle ed il migliore che si potesse ottenere, quello di Tycho, non era ancora sufficientemente esatto. Carlo II aveva perciò ordinato che i campi stellari dovevano “venire nuovamente osservati, esaminati, e corretti ad uso dei miei marinai”. Venne scelta una zona nel parco reale di Greenwich, e Sir  Cristopher Wren, egli stesso professore di astronomia, progettò la costruzione del primo osservatorio.

 

Il Reverendo John Flamsteed fu nominato astronomo di corte, e in tempo debito il riveduto catalogo delle stelle fu completato. I telescopi furono costantemente migliorati. Alcuni dei primi strumenti erano davvero curiosi; uno di essi, usato dall’osservatore olandese Christiaan Huygens, era lungo più di 200 piedi, tanto che l’obiettivo dovette venir fissato ad un tronco. Ma gradatamente le maggiori difficoltà vennero superate e sia rifrattori che riflettori acquistarono in potenza e convenienza. Anche la matematica astronomica compiva dei grandi passi. L’ostacolo maggiore era sempre rappresentato dal sistema tolemaico, ma una volta eliminato quello, la strada era spianata. La distanza tra la terra ed il sole venne misurata con sufficiente precisione, e nel 1675 l’astronomo danese Ole Roemer misurò perfino la velocità della luce, che risultò di circa 300.000 km. al secondo. Roemer fece questo casualmente, osservando i movimenti delle quattro grandi lune di Giove. Ma benché la conoscenza dei corpi del sistema solare si fosse arricchita al di là di qualsiasi immaginazione, poco si conosceva sulle stelle, che venivano ancora considerate come semplici punti di riferimento. Il primo serio tentativo per infrangere questa barriera venne compiuto da William Herschel, che viene giustamente definito il “padre dell’astronomia stellare”. Herschel era nato a Hannover nel 1738, undici anni dopo la morte di Newton. Venne in Inghilterra e divenne organista presso la Octagon Chapel di Bath; ma il suo principale interesse era l’astronomia, ed egli costruì telescopi a riflessione che erano i migliori della sua epoca. Il maggiore dei telescopi di Herschel costruito relativamente tardi nella sua carriera, aveva uno specchio di 48 pollici di diametro.  Herschel doveva guadagnarsi di che vivere, e per qualche anno non poté dedicare tutto il suo tempo allo studio dell’astronomia. Poi, nel 1781, fece una scoperta che cambiò completamente il corso della sua vita. Una sera, mentre stava esaminando alcune deboli stelle della costellazione dei Gemelli, incontrò un oggetto che non era certamente una stella. Dapprima lo credette una cometa, ma non appena fu calcolata la sua orbita, non vi fu più alcun dubbio sulla sua natura: non era una cometa, ma un pianeta; il mondo che noi chiamiamo oggi Urano. La scoperta giunse completamente inaspettata. Esistevano 5 pianeti conosciuti, e questi assieme alla luna ed al sole, davano un totale di 7. Il 7 era il numero magico degli antichi, e si era pensato perciò che il sistema solare fosse completo. Herschel divenne famoso in tutto il mondo; fu nominato astronomo di corte da re Giorgio III, e da allora poté abbandonare completamente la sua carriera musicale. Herschel si impose un tremendo programma. Egli si propose di esplorare tutti i cieli, per potersi così formare un’idea di come le stelle fossero distribuite. Fino alla fine della sua lunga vita, nel 1822, egli lavorò pazientemente al suo progetto e le sue conclusioni finali si sono dimostrate estremamente accurate. Naturalmente, Herschel fece numerose scoperte durante le sue esplorazioni celesti. Molte stelle che sembravano semplici, risultarono essere doppie, e c’erano anche ammassi stellari, come pure delle deboli macchie luminose conosciute come “nebulose” dalla parola latina che significa “nuvole”. Herschel era un osservatore oltremodo meticoloso. Egli catalogò tutte le sue scoperte, ed esaminando le carte che pubblicò non possiamo che meravigliarci della mole di lavoro che riuscì a svolgere. Dato che visse in Inghilterra gran parte della sua vita, non ebbe occasione di esaminare le stelle della parte meridionale dell’emisfero australe che non appaiono mai a latitudini nordiche, ed è notevole il fatto che il completamento dei suoi “rastrellamenti stellari” fu compiuto in seguito da suo figlio, sir John Herschel, che si recò appositamente al Capo di Buona Speranza, rimanendovi per parecchi anni. Nei primi anni del XIX secolo un ottico tedesco, Fraunhofer, cominciò ad eseguire degli esperimenti con dei prismi di vetro. Newton aveva già scoperto che la comune luce “bianca” non è affatto bianca, bensì un miscuglio di tutti i colori dell’arcobaleno. Fraunhofer comprese che questa scoperta poteva divenire importante, ed il suo lavoro portò allo sviluppo di un nuovo strumento, lo spettroscopio astronomico. Esattamente come un telescopio raccoglie la luce, così uno spettroscopio la scompone. Con l’analisi degli “spettri” ottenuti, è possibile riuscire a sapere molte cose sullo stato della materia che emette la luce. Per esempio, lo spettro del sole rivela due righe scure che possono essere causate solo dall’elemento sodio, cosicché abbiamo la prova dell’esistenza del sodio sul sole. Il telescopio senza lo spettroscopio sarebbe di scarsa utilità all’astronomo di professione di oggigiorno; è possibile ora rintracciare degli elementi noti in stelle remote, e perfino in altri sistemi stellari, sperduti nelle immensità dello spazio. Nel 1838, Friedrich Wilhelm Bessel, direttore dell’osservatorio di Konigsberg, ritornò al problema della distanza delle stelle. Nello studiare i movimenti apparenti di 61 Cygni, un pallido oggetto nella costellazione del Cigno, poté dimostrare che giaceva ad una distanza di circa  60 milioni di milioni di miglia. Due mesi più tardi un astronomo britannico, Henderson misurò la distanza della luminosa stella australe Alpha Centauri, e giunse al risultato abbastanza esatto di 20 milioni di milioni di miglia. Alpha Centauri è una stella tripla, ed il membro più debole del trio è il corpo conosciuto più vicino, al di fuori del nostro sistema solare. Il nostro cervello non è fatto per comprendere delle distanze così immense. Fortunatamente abbiamo un’unità molto migliore a disposizione, basata sulla velocità della luce. Sappiamo che la luce viaggia alla velocità di 300.000 km al secondo. Un raggio di luce impiega 8 minuti ed un terzo per giungere dal sole a noi, ma nel caso di Alpha Centauri il tempo impiegato è di 4 e 1/3 anni: non vediamo la stella come è adesso, ma come era 4 e 1/3 anni fa. Diciamo perciò che Alpha Centauri dista da noi 4 e 1/3 anni-luce, e che la distanza di 61 Cygni è di quasi 11 anni-luce. Un altro grande avvenimento dell’ultimo secolo fu l’avvento della fotografia astronomica. Nel 1845 venne eseguito il primo “dagherrotipo” fotografico del sole, seguito nel 1850 da una fotografia della luna. Entro 50 anni magnifiche fotografie dei corpi celesti vennero scattate non solo negli osservatori ufficiali, ma anche da dilettanti. Il riflettore da 48 pollici di Herschel, venne ben presto sorpassato. Nel 1845 in Irlanda Lord Rosse, costruì uno specchio da 72 pollici. era difficile e complicato ad usarsi, ma era di gran lunga lo strumento più potente allora esistente, e Rosse lo adoperò per studiare gli ammassi stellari e le nebulose trovate da Herschel. Alcune delle nebulose risultarono essere costituite interamente da stelle deboli, benché altre non potessero essere risolte nello stesso modo. Ancor più interessante il fatto che alcune delle nebulose stellari rivelarono una forma a spirale, in modo da assomigliare assai a delle ruote. Il telescopio da solo, non avrebbe mai potuto svelare la natura delle misteriose nebulose; ma lo spettroscopio si. Nel 1864, Sir William Huggins esaminò una tenue nebulosa nella costellazione del Drago, e trovò che non era composta da stelle, ma da un gas luminoso. Sappiamo ora che gli oggetti nebulosi sono di tre tipi. Nel nostro sistema, conosciuto comunemente come Via Lattea, ma più correttamente come Galassia, troviamo i normali ammassi stellari e le nebulose gassose, la maggior parte di esse alla distanza di centinaia di migliaia di anni-luce da noi. Al di là della Galassia, si trova un vasto golfo, e quindi si giunge al primo dei sistemi separati esterni, giacente alla distanza di molto superiore al milione di anni-luce. La Grande Spirale di Andromeda, che può essere vista ad occhio nudo, come una tenue macchia polverosa, si dimostra una galassia a sé stante, ancor più grande della nostra. Herschel aveva sospettato qualcosa di simile, e il lavoro di Rosse e Huggins confermava il suo punto di vista, benché la questione non venisse definitivamente risolta che nel 1933. Perfino il riflettore da 72 pollici di Rosse non mantenne il suo primato a lungo. Ogni decennio assisteva al sopraggiungere di nuovi e più grandi telescopi; nel 1917 venne il riflettore da 100 pollici di Monte Wilson, in California, e nel 1948 quello da 200 pollici del Palomar. Vi sono alcuni oggetti nello spazio che non emettono solamente della luce visibile, ma anche delle radiazioni di molto maggiore lunghezza d’onda, conosciute generalmente col nome di radio-onde. quando si scoprì questo fatto per la prima volta, nel 1931, si sviluppò una branca completamente nuova dell’astronomia. I radio telescopi non assomigliano per nulla ai normali telescopi; hanno la forma di grandi antenne, ed hanno permesso agli astronomi di studiare delle regioni nello spazio che non avrebbero potuto essere esplorate in nessun’altra maniera. Non sono più i tempi di Tycho Brahe, allorché i soli strumenti a disposizione erano l’occhio umano e rudimentali strumenti di misurazione.

 

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