Stelle e culto dei santi: Martyr Stella Loci

 

santi e  stelleNel IV secolo il cristianesimo era diventata oramai la religione più importante dell’impero romano, il paganesimo non sopravviveva che in piccoli villaggi di campagna (i pagi, appunto), le grandi città cominciavano a dotarsi di chiese maestose mentre i vecchi templi andavano in rovina. Uno dei culti che prima di tutti si impose fu quello della venerazione dei santi e dei martiri. I santi, intermediari tra la terra e il cielo, tra gli uomini e Dio, personalità al di sopra del comune ai quali affidare le sorti della vita sia personale che cittadina. Come la maggior parte dei culti e delle pratiche cristiane, anche il culto dei santi assorbì e fu influenzato dalla superiore cultura classica greco-romana; ben presto i santi, e soprattutto la loro influenza sul mondo, furono paragonati alle stelle e all’influenza che secondo gli antichi esse avevano sul mondo. Ricordiamo che secondo Platone, ripreso a Roma da Cicerone, le stelle erano veri e propri esseri viventi, secondo Manilio, autore latino che scive all’epoca degli imperatori Flavi, le stelle erano esseri razionali che influenzavano il destino degli uomini. Negli Astronomica lo stesso autore afferma che ogni costellazione domina su una parte specifica della terra; al loro patronato sono state assegnate precise città, regioni e territori. Questa credenza trovava un parallelismo in una tradizione del giudaismo rabbinico dove le stelle erano viste come esecutrici del volere di Dio e in un certo qual modo assimilate successivamente agli angeli della tradizione vetero-cristiana. Nell’Apocalisse c’è scritto: “il mistero delle sette stelle… e i sette candelabri d’oro: le sette stelle sono angeli delle sette chiese e i candelabri, sette, sono sette chiese” (Apc, 1, 20). Al di là dell’ermetismo trascendente del passo si nota come oramai la tradizione delle stelle/angeli che hanno influsso sull’umanità per volere di Dio ha preso consistenza. Nel paragonare i martiri, i testimoni della fede a santi, il passo fu breve. Ogni città aveva, o si dotò ex-novo, di reliquie di martiri che venivano venarate dagli abitanti dell’intero circondario, ogni città aveva il suo martire/santo a cui affidarsi. ogni città aveva la sua buona stella. Roma possedeva le reliquie di san Pietro e san Paolo, i massimi esponenti della cristianità, la regina delle città aveva le reliquie dei due santi più important il cui culto soppiantò in breve tempo quello tributato a Romolo e Remo e ai Dioscuri; Napoli aveva il sangue di San Gennaro, Nola san Felice e così via. I santi dall’alto del cielo difendevano la città e l’impero dal pericolo delle invasioni dei barbari pagani. I santi erano le stelle del cielo che sorvegliavano la loro città dall’attacco dei demoni barbari, i santi come le stelle luminose del cielo. Ancora nel medioevo papa Gregorio Magno nei Moralia in Iob scrive: “che cosa significano le scintillanti Pleiadi, che sono anche esse sette, se non tutti i santi? Essi tra le tenebre della vita presente ci illuminano con la luce della grazia dello Spirito settiforme.” Ancora una volta l’equazione santi=stelle e ancora un rimando al numero sette come sinonimo di perfezione divina. Ma soprattutto una sopravvivenza di antiche credenza pagane riguardo le stelle, la loro influenza e soprattutto il loro magnifico splendore che catturava la curiosità degli antichi così come di noi uomini del III millennio.

Vincenzo di Siena

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