Ipazia ovvero l’ultimo casto raggio del cielo degli dei

 

Anno 415 dell’era cristiana, 1168 dalla nascita di Roma. L’impero romano era sull’orlo del baratro, diviso in una parte Occidentale che di li a poco sarebbe caduta sotto la scure barbara e una parte Orientale che ancora si reggeva, ma su un equilibrio molto precario. Ipazia, matematica, astronoma e filosofa, figlia del filosofo e studioso Teone, muore ad Alessandria per mano di una massa di monaci armati dal papas, il vescovo, della città egiziana Cirillo. L’imperatore Teodosio (378 – 395) aveva rivoluzionato le fondamenta dello Stato; nel 392 promulgò un editto di “intolleranza” nel quale veniva stabilito che il paganesimo era da considerarsi una religione fuorilegge e che il Cristianesimo era l’unica vera religio licita, quella di stato. Di conseguenza impose che tutti i funzionari dello stato dovessero essere cristiani, causando di fatto l’estromissione dei pagani e quindi delle classi colte aristocratiche ostinatamente legate al vecchio credo, dalla direzione della cosa pubblica.

Ipazia

Chi non era cristiano fu costretto a convertirsi anche se in molti casi, come quello di Oreste governatore d’Egitto al tempo di Ipazia, la conversione era più di facciata e atta a raggiungere posizione importanti nella classe dirigente dell’impero che ispirata da vera e sincera devozione. Il Cristianesimo si impose a partire dal III secolo, quando l’ascesa della casata dei Severi, di stirpe afro-siriaca, al vertice dell’impero permise alla nuova religione di penetrare più a fondo nella società di quanto gli imperatori del periodo classico avessero mai tollerato. Dopo una fase di assestamento e di ultime persecuzioni durante il periodo di forte instabilità di metà secolo, chiamato “anarchia militare”, il Cristianesimo venne poi definitivamente abbracciato da Costantino il quale si convinse che la sua investitura a imperatore sarebbe stata voluta dal dio dei Cristiani; nel giro di poco più di mezzo secolo, e arriviamo a Teodosio, il Cristianesimo da piccola setta perseguitata diventa una grande religione di massa perseguitante.

La nuova religione, ancora al tempo di Ipazia, era molto diffusa tra la plebe e soprattutto in Oriente dove sorgevano le comunità più importanti come quelle di Antiochia, Costantinopoli e Alessandria. Proprio qui, ad Alessandria, faro culturale dell’antichità, la città che ospitava la biblioteca più importante del mondo antico visse Ipazia, intellettuale aristocratica, importantissima filosofa e geniale astronoma. Proprio queste sue qualità e, raccontano le fonti, una bellezza fuori dal comune, facevano si che non solo i suoi allievi, ma anche le autorità cittadine, che, per quanto coperte dal velo della conversione, nell’anima dovevano ancora essere fortemente impregnate di paganesimo, la tenessero in forte considerazione. Ipazia aveva un forte ascendente su molte persone e anche sulla cittadinanza poiché si sa che oltre a insegnare nella scuola pubblica, teneva lezioni private nella sua residenza e che questi convivi fossero frequentatissimi.

Tutto ciò non mancò di suscitare l’ira e l’invidia, ftonos come dicono le fonti, delle massime cariche ecclesiastiche, Teofilo prima e suo nipote Cirillo poi. Siamo in un periodo segnato da una forte spaccatura sociale e di riflesso religiosa: da una parte la classe aristocratica, colta ed ellena, quindi pagana, dall’altra la plebaglia ignorante cristiana e soprattutto povera. Il Cristianesimo infatti, fin dalle origini si era sdoppiato in un’ala colta e trascendentale che cercava di connettersi col mondo pagano e che da questo riceveva, riadattandoli, molti dei principi filosofici che saranno poi fondamentali nella costituzione della nuova religione, e un’ala superstiziosa e magica che conquistò gli strati più bassi della popolazione dell’impero, soprattutto gli schiavi e la plebe. Dal canto loro i pagani, dopo un primo netto rifiuto legato all’assurdità di alcuni precetti cristiani, accolsero il nuovo dio nello già sterminato pantheon, dimostrando così una capacità di tolleranza e accoglienza di nuove divinità tipiche del paganesimo; dall’altra parte invece un’intolleranza e un’avversione verso tutto ciò che fosse pagano, ivi comprese le opere d’arte, le scuole filosofiche etc. Ad Alessandria poi la partita si giocava a tre dato che con il venir meno di un forte potere centrale, anche la casta ebraica, molto ricca e anche abbastanza numerosa e sempre ostile al potere romano, cominciò a risollevare la testa. Solo che i rapporti di forza erano cambiati, i Cristiani erano diventati la maggioranza. Una plebe povera e ignorante, monaci sanguinari, dall’animo incandescente, guidati da un clero avido di potere e senza scrupoli.

La povera Ipazia, così legata ai suoi studi, al suo credo filosofico, il neoplatonismo, che le imponevano un’apertura verso tutto ciò che fosse conoscenza, la vera conoscenza, e intriso di un forte liberalismo, tipico del paganesimo di ogni epoca, mal si conciliavano con una religione dispotica come il Cristianesimo del IV secolo. Pagò questo suo voler essere a tutti i costi una donna fuori dal tempo con la vita. Le fonti narrano che un giorno, mentre tornava a casa dopo una delle sue lezioni fu rapita da una turba di monaci che la trascinarono legata fino al Cesareo, un tempo luogo dedicato alla venerazione degli imperatori defunti e ora trasformato in chiesa, dove fu spogliata, scorticata viva, fatta a pezzi e infine bruciata. La morte di Ipazia segnava la fine di un’era; regnava il piccolo Teodosio II sul trono di Costantinopoli, un imperatore bambino, accudito dalla sorella Pulcheria, profondamente cristiana che non mosse un dito per punire i mandanti e gli assassini di Ipazia. In occidente Roma veniva saccheggiata per la seconda volta e data alle fiamme, mentre l’imperatore Onorio se ne stava comodamente a Ravenna, noncurante di quello che stava accadendo. E’ la fine di un’epoca, il mondo era cambiato, dalla luce e dallo splendore artistico e culturale dell’antichità classica si era finiti in un’era di barbarie, di oscurità e di oltranzismo religioso, il Medioevo. Ipazia, per i pochissimi pagani che ancora strenuamente resistevano venne identificata nella costellazione della Vergine; la cosa curiosa è che se si leggono gli Atti dei Martiri, si nota che il martirio di una certa santa Caterina di Alessandria, presenta molte similitudini di quello di Ipazia. Gli storici sono concordi sul fatto che questa santa non sia mai esistita e che fosse una proiezione cristiana della filosofa pagana.

La sua festività fu esclusa per queste ragioni da papa Paolo VI, ma reintegrata da Benedetto XVI, il quale, in un convegno del 3 ottobre 2007 ha avuto modo di lodare <> del governo di Cirillo. Col passare dei secoli però la Chiesa, anche in tempi moderni, non ha mai condannato Cirillo e i parabalani, i monaci/guerrieri attivi nella zona di Alessandria e assassini di Ipazia, anzi, papa Leone XIII arrivò a beatificare Cirillo la cui ricorrenza cade il 27 giugno, giorno della sua morte, e a nominarlo dottore della Chiesa. Leone XIII, regnò verso la fine del XIX secolo, in una Roma dominata dai circoli massonici di cui Ipazia era uno dei simboli più amati e si racconta che proprio perché temesse questi circoli e per rivendicare il suo potere temporale, il pontefice decise di proclamare Cirillo santo. La figura di Ipazia sarà sempre vista sotto due prospettive: eroina della libertà e martire pagana, per illuministi, elite culturali e femministe, strega e meritevole di morte per teologi ed esponenti della chiesa cattolica. In realtà Ipazia non voleva essere né l’una né l’altra; semplicemente era una persona geniale che metteva il suo sapere a disposizione dei suoi discepoli e amante dei suoi studi e della libertà di pensiero. L’unica sua colpa fu quella di essere nata al momento sbagliato; era una donna d’altri tempi, l’ultimo casto raggio del cielo degli dei.

 

 

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